Il mio capo si chiama Francesco. Dottor Frank per gli amici. Dottore per i dipendenti.
Come ogni giorno, entra nelle nostre stanze alle 17 in punto, per assicurarsi che siamo tutti ancora incollati alla sedia. Peserà sui 90 chili, ma ha il passo leggero di chi ti piomba alla spalle sperando di coglierti in fallo.
Fa un caldo incredibile, ma quando c’è lui in giro bisogna spegnere i condizionatori per compiacere la sua insaziabile sete di risparmio. L’aria qui dentro è talmente secca che le lentine sembrano essere diventate satinate. Vedo tutto appannato come se guardassi attraverso un incendio.
Arriva il mio turno.
– E tu, bella, che stai facendo?
– Aggiorno la scheda per il catalogo...
– No, no, intendevo a casa, tu e tuo marito, avete messo la bambina a dormire in mezzo nel letto?
– Beh, no... ma confesso che dorme ancora in camera con noi...
– E vabbè, meglio di niente. L’importante è che non ci pensi nemmeno, a fare un altro figlio. Qui fuori c’è la crisi, la barca sta per affondare. Un elemento in più potrebbe essere quello decisivo per mandare tutto a puttane.
È chiara la metafora?
– Ehm, sì, abbastanza. Sì.
E anche per oggi è fatta. Abbiamo portato a casa un’altra giornata.
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